Quando si decide di praticare un’attività sportiva oppure di costituire un soggetto giuridico (sia questo un'Associazione piuttosto che una Società Sportiva Dilettantistica) intenzionato a promuovere le attività sportive riconosciute dal CONI, tra gli obblighi c'è sempre la necessità di presentare/richiedere un certificato medico di idoneità sportiva non agonistica (oppure sì, a seconda dei casi) che attesti lo stato di salute del soggetto interessato. Ma perché viene richiesto? Chi lo deve richiedere?
Si tratta di un’attestazione con validità annuale (365 giorni), rilasciata da medici certificatori (dottori di medicina generale, pediatri, medici dello sport) nei confronti dei loro assistiti volta a garantire l’idoneità della condizione fisica alla pratica sportiva, subordinatamente al buon esito di una visita ad hoc ed al responso di alcuni esami clinici, più o meno obbligatori ed approfonditi a seconda dei casi.
La finalità è evidentemente implicita nell’esigenza di prevenire ed evitare il verificarsi di incidenti deleteri, all’insegna di un’adeguata tutela degli atleti ed in particolar modo della loro salute (che rientra nel novero dei diritti assoluti ed indisponibili); obiettivo peraltro, condiviso dai gestori di ASD e SSD, tenuto conto delle potenziali responsabilità, che, non di rado (ed in maniera assolutamente condivisibile) spingono ad atteggiamenti di carattere prudenziale.
La pratica sportiva da parte di atleti tesserati di Federazioni Sportive, Discipline Associate ed Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, avviene subordinatamente al rilascio di idonea certificazione dello specialista di riferimento ed è quanto mai giustificata in considerazione dei ritmi e degli allenamenti ad elevata intensità cui si è sottoposti, in funzione preparatoria alle manifestazioni agonistiche e competitive.
Il documento di idoneità sportiva (obbligatorio dal 1982) presuppone accertamenti mirati, quali elettrocardiogramma a riposo e sotto sforzo, esame delle urine, spirometria, test visivo ed eventuali ulteriori valutazioni necessarie in virtù della specifica disciplina praticata.
Ferma l'abrogazione dell'obbligo di certificato medico per l'attività amatoriale ludico - motoria, che non rappresenta evidentemente l'attività principale promossa ed organizzata direttamente dalle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche iscritte e riconosciute dal CONI, l'articolo 3 del D.M. 24 aprile 2013 impone l'obbligo di controllo medico annuale per tutti "coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, da società sportive affiliate alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline associate, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che non siano considerati atleti agonisti ai sensi del decreto ministeriale 18 febbraio 1982".
Proprio in questa direzione vanno poi le linee guida successive approvate con Decreto l'anno successivo dal Ministero della Salute dell'epoca, nella quale si confermano gli indirizzi della norma, richiedendo esami clinici specifici agli atleti che abbiano superato i 60 anni di età ed a quelli che abbiano patologie croniche conclamate.
Sono tenuti alla presentazione del certificato medico di idoneità sportiva non agonistica:
- “gli alunni che svolgono attività fisico-sportive parascolastiche, organizzate cioè dalle scuole al di fuori dall’orario di lezione”;
- “coloro che fanno sport presso società affiliate alle Federazioni sportive nazionali e al Coni (ma che non siano considerati atleti agonisti)”;
- “chi partecipa ai Giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale”.
La questione relativa all’obbligo di certificato medico per sportivi dilettanti è stata affrontata oltreché doverosamente dalla legislazione nazionale anche dal CONI nella sua circolare n. 6897/16 del 10 giugno 2016, che pur raccomandando un "controllo medico prima dell'avvio dell'attività sportiva", ha ritenuto tale obbligo non dovuto per le discipline sportive il cui "impegno fisico sia evidentemente minimo".
Inoltre, “non sono sottoposti ad obbligo di certificazione medica, per l’esercizio dell’attività sportiva in età prescolare, i bambini di età compresa tra 0 e 6 anni, ad eccezione dei casi specifici indicati dal pediatra”, secondo quanto stabilito con decreto del Ministro della Salute adottato di concerto con il Ministro per lo Sport in data 28 febbraio 2018, anche se questo Decreto Interministeriale lascia più di un dubbio agli addetti ai lavori, come abbiamo già avuto modo di approfondire.
Insomma: la norma è chiara e "le chiacchiere stanno a zero", soprattutto alla luce degli interessi in gioco visto che si parla prima di tutto di salute dei praticanti le attività sportive, ed in second'ordine di responsabilità dei gestori di palestre, centri fitness e sportivi e piscine, ASD o SSD che siano. Le motivazioni alla base di "interpretazioni" (per definirle così) diverse non hanno quindi (ad oggi) alcuna ragion d'essere.