Chiunque frequenti una palestra o un centro sportivo, sia esso una ASD o una SSD, avrà sentito parlare in più di un’occasione di soci e tesserati.
Spesso usati come sinonimi, i due termini identificano nella realtà figure distinte, non sempre sovrapponibili.
Prima di analizzarne le tipicità, occorre tenere presente che nel nostro ordinamento la libertà di associazione è legislativamente riconosciuta.
L’art. 18 della Costituzione enuncia che “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”, specificando al secondo comma che “sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediate organizzazioni di carattere militare”.
Dato per scontato che chiunque abbia libertà di associarsi e fermo restando i limiti tracciati dalla definizione di cui sopra, la qualifica di socio è conseguibile da tutti coloro che condividono le finalità ideali perseguite da un ente non profit, senza che siano ammesse discriminazioni di sorta.
L’ottenimento è subordinato alla compilazione di apposita domanda con indicazione dei propri dati personali e debitamente sottoscritta, alla sua approvazione da parte degli organi deputati e al pagamento della quota associativa stabilita dall’organizzazione.
Completato l’iter, l’associazione diviene effettiva anche nell’assunzione dei diritti e doveri conseguenti, in un regime di parità assoluta e nel rispetto del principio di democraticità, quale principio ispiratore della gestione dell’ente associativo.
Non sono consentite associazioni di carattere temporaneo, fatta salva la specifica disciplina statutaria concernente le ipotesi di perdita della qualifica, recesso ed esclusione del socio.
Il tesseramento è l’atto che lega un soggetto intenzionato a praticare attività sportiva all’organismo sportivo di riferimento, tramite associazione/società sportiva d’appartenenza.
Costituisce dunque un presupposto imprescindibile per la pratica sportiva, il cui rapporto ha generalmente durata annuale e da cui derivano una serie di diritti e doveri, ivi inclusa le possibilità di accesso alle competizioni sportive e ad una copertura assicurativa.
Pur trattandosi di due attribuzioni distinte, è possibile (ma non necessario) che uno stesso soggetto assuma sia la qualifica di socio che di tesserato, posto che i rispettivi interessi (partecipazione all’attività associativa per il perseguimento dello scopo ideale e pratica sportiva) possono coesistere, dando però vita a due aspetti destinati a rimanere ben scissi.
Sebbene non vi sia un numero minimo di soci stabilito per legge, affinché una realtà associativa possa definirsi tale, anche al fine di beneficiare delle relative agevolazioni fiscali, risulta evidente come un numero irrisorio di associati potrebbe essere letto come un “alert” in caso di accertamento fiscale, tenendo presente che a nulla vale la forma, senza sostanza.
Sebbene la decommercializzazione dei proventi venga riconosciuta sia alle quote incassate da parte di associati che di tesserati, lo svolgimento delle attività attraverso le quali ci si propone il raggiungimento dello scopo sociale presuppone un numero adeguato di aderenti all’organizzazione, vista l’esigenza imprescindibile di condivisione e partecipazione democratica alle decisioni assunte.