Tra le principali novità introdotte dalla Riforma dello Sport, la disciplina del lavoro sportivo e l’inquadramento dei collaboratori che ne consegue, occupa sicuramente un posto di primo piano.
Ai sensi dell’art. 25 del D. Lgs. n. 36/2021, devono considerarsi lavoratori sportivi gli atleti, gli allenatori, gli istruttori, i direttori tecnici, i direttori sportivi, i preparatori atletici e i direttori di gare, che esercitino attività sportiva dietro pagamento di un corrispettivo, “indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico”.
Sono ritenuti lavoratori sportivi anche i tesserati che svolgono, dietro corrispettivo, “le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva”, escluse le funzioni di carattere amministrativo-gestionale.
Laddove ricorrano i presupposti, “l’attività di lavoro sportivo può costituire oggetto di un rapporto di lavoro subordinato o di un rapporto di lavoro autonomo, anche nella forma di collaborazioni coordinate e continuative”.
Nell’ambito del dilettantismo, “il lavoro sportivo si presume oggetto di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa”, laddove nei confronti dello stesso committente, ricorrano i seguenti requisiti:
a) durata delle prestazioni non superiore alle 18 ore settimanali, “escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive”;
b) coordinamento tecnico-sportivo delle attività, in osservanza dei regolamenti di Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate ed Enti di Promozione Sportiva.
Il Decreto “correttivo” della Riforma dello sport (D. Lgs. n. 163/2022) ha eliminato la figura degli amatori, lasciando spazio a quella dei volontari e stabilendo la possibilità per Associazioni e Società Sportive di avvalersene “nello svolgimento delle proprie attività istituzionali”, fermo restando l’obbligo di assicurazione.
Tenuto conto che le relative prestazioni “sono comprensive dello svolgimento diretto dell’attività sportiva, nonché della formazione, della didattica e della preparazione degli atleti”, i volontari non possono essere retribuiti “in alcun modo nemmeno dal beneficiario”, potendo percepire unicamente rimborsi per le spese documentate relative “al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente”.
Le loro opere sono incompatibili con tutte le forme di rapporto di lavoro, sia subordinato che autonomo “e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività sportiva”.
L’attività di carattere amministrativo-gestionale resa a favore di ASD ed SSD, Federazioni, Discipline Sportive ed Enti di Promozione sportiva riconosciuti dal Coni o dal Cip può costituire oggetto di collaborazioni coordinate e continuative, in presenza dei relativi presupposti.