Espressamente disciplinata dal D. Lgs. n. 117/2017 come categoria particolare, l’Associazione di Promozione Sociale si configura quale ETS dalle precise caratteristiche.
Si tratta di Enti del Terzo Settore, istituiti in origine dalla Legge n. 383/2000 (oggi abrogata) e “costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta” per lo svolgimento in favore dei propri associati, loro familiari o di terzi di una o più attività di interesse generale, principalmente attraverso l’ausilio dell’attività “di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati”.
Ai sensi del comma 2 dell’art. 35 del D. Lgs. n. 117/2017, non sono APS:
- i circoli privati;
- le associazioni “comunque denominate” che:
La loro denominazione deve contenere l’indicazione di Associazione di Promozione Sociale o l’acronimo APS, con divieto di utilizzo da parte di soggetti diversi.
Secondo quanto indicato dall’art. 35, co. 1, le Associazioni di Promozione Sociale devono essere costituite da almeno sette persone fisiche o tre APS.
Il comma 1-bis precisa che laddove successivamente alla costituzione, il numero di associati divenisse inferiore a quello legislativamente stabilito, “esso deve essere integrato entro un anno, trascorso il quale l’associazione […] è cancellata dal Registro unico nazionale del Terzo settore se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione del medesimo”.
Gli atti costitutivi possono prevedere l’ammissione come soci “di altri enti del Terzo settore o senza scopo di lucro”, a patto che “il loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle associazioni di promozione sociale”.
Tale disposizione non si applica agli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal Coni che associno almeno cinquecento Associazioni di Promozione Sociale.
Fermo restando l’incompatibilità della qualifica di volontario con qualsiasi tipo di rapporto di lavoro presso l’ente “di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria”, le APS hanno facoltà di avvalersi di lavoratori dipendenti, prestazioni di lavoro autonomo “o di altra natura, anche dei propri associati”, quando necessario per lo svolgimento dell’attività di interesse generale e il perseguimento delle finalità ideali.
“In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati”.